Viaggio in Ecuador: la strada da Quito verso l’Amazzonia
Alle ore 20 circa del 7 aprile 2016, stavo per lasciare definitivamente Quito, crocevia e passaggio di altre mie mete.
Il pullman era un bel pullman, apparentemente comodo.
Salii tra i primi e mi sedetti in fondo con l’obiettivo di stare il più comoda possibile durante il viaggio notturno.
Facemmo poi un paio di fermate dove salirono altre persone. Il pullman non era comunque pieno.
Erano previste circa dieci ore di viaggio e poco dopo la partenza, mi coprii come potevo per combattere l’aria condizionata e occupai due dei sedili che erano liberi accanto a me.
Era buio, tanto buio, soprattutto una volta abbandonata la capitale e le sue luci.
C’era ancora molta strada da fare prima di raggiungere Lago Agrio. Mi addormentai.
Passarono circa un paio di ore, quando fui svegliata da alcuni calci. Infreddolita ed assonnata, impiegai un paio di minuti prima di capire cosa stesse accadendo.
Durante la notte, dopo la partenza, una ragazzina che come me ma dopo di me, aveva avuto l’idea di godere dell’ultima fila di sedili del pullman per poter riposare meglio, si era seduta sulla mia stessa fila, accanto al finestrino opposto al mio. Si era poi distesa completamente, e scalciandomi contro, aveva iniziato la sua battaglia verso la conquista di pochi centimetri di sedile.
Compresa la situazione, cercai di risolvere il problema utilizzando il mio inglese, ma il tentativo si dimostrò insufficiente a placare l’animo della giovane.
La battaglia andò avanti per una mezz’oretta buona, tra lei che cercava di avanzare, e io che in silenzio, ad occhi chiusi, non volevo mollare il territorio conquistato; alla fine, stanche, ci addormentammo una accanto all’altra.
Venne poi il momento delle buche, delle enormi buche che nel cuore della notte, mi fecero rimbalzare sopra il sedile. Sentii la mia schiena spezzarsi e mi accorsi che i finestrini erano solcati dalla pioggia.
Nell’oscurità, non potevo vedere le condizioni della strada ma queste erano tali da non permettere di stare sdraiati o per lo meno semi seduti. Ricordo che non fu una bella esperienza, soprattutto per la mia schiena.
Le buche occuparono un lungo tratto del viaggio, e più volte immaginai il pullman dividersi in due tronconi dopo l’ennesimo colpo.
Appresi in seguito, che in quella zona del Paese, aveva piovuto molto nell’ultimo periodo, così tanto da rendere le strade dissestate e impraticabili in alcuni tratti, a causa di veri e propri cedimenti strutturali.
Infatti, più avanti nel mio viaggio in Ecuador, in un’area non molto distante da questa, mi imbattei in un ponte crollato sopra un fiume per via delle piogge torrenziali.
La notte passò, e un poco distrutta ma soprattutto molto felice, arrivai nella città di Lago Agrio all’alba di un giorno plumbeo ed umido:
stavo per raggiungere la selva!!
Erano all’incirca le ore 6 del mattino, quando il pullman si fermò nei pressi di un hotel ristorante della città di Lago Agrio, e assieme agl’altri viaggiatori, scesi ad aspettare il mezzo di trasporto successivo che ci avrebbe portati a El Puente.
Feci colazione con uova strapazzate e succo di frutta, e siccome c’era internet, telefonai a mia madre tramite skype: per i giorni seguenti, avrebbe guardato la cartina geografica, immaginando sua figlia nella Foresta Amazzonica.
Lago Agrio, anche chiamato Nueva Loja, è una città di circa 70 mila abitanti, situata nella parte nord orientale dell’Ecuador, confinante a nord con la Colombia e a sud con il Perù.
Lago Agrio, che in italiano significa Lago Acido, è il nome che sul finire degli anni sessanta, venne dato al primo pozzo petrolifero perforato dall’azienda americana Texaco nella sua avanzata verso l’Amazzonia.
La storia di Lago Agrio è perciò una storia triste, in cui il potere e l’interesse economico vengono prima della salvaguardia di un ecosistema unico e delicato che una volta compromesso, non sarà più possibile riparare.
Ricordo ancora con tristezza e sbigottimento, nei pressi di Nueva Loja, quel lungo tratto di strada di cui non conoscevo la storia.
Durante il mio viaggio, scrissi:
“(…) 08.4.16 – Il passaggio da Lago Agrio alla selva mi ricorda il Brasile che poche settimane fa ho abbandonato. Sarà colpa della saudade, ma le piante di cocco che ogni tanto troneggiano tra gli altri arbusti, mi ricordano il tanto amato Brasile.
Un tubo* nero, nero come il materiale che porta dentro, il petrolio, collega Lago Agrio e la zona circostante, alla provincia costiera di Esmeraldas, alla nera Esmeraldas** che verde non è, ma è nera, nera come il petrolio, nera come la maggior parte del popolo che vi vive e nera come la povertà.
Chiedo quanti chilometri sia lungo il tubo, ma non ricevo risposta.
Ricordo solo lo sguardo stranito del mio interlocutore, dopo avergli posto questa domanda.. Forse non sono abituati a simili quesiti?
Per me era la domanda più banale che potessi fare in quel contesto.
Fatto sta, che nessuno tra coloro che viaggiano all’interno di questo piccolo pulmino, mal ridotto e gocciolante di pioggia che penetra dentro dai finestrini chiusi e da piccoli forellini posti sul tetto circondati da ruggine, sembra conoscere la risposta.
Per ora so solo che il tubo è lungo chilometri e chilometri, che come un’ombra sinistra accompagna il mio viaggio e non abbandona il paesaggio neppure per un istante (…)”.
* Il lungo tubo nero, ho poi scoperto essere, l’Oleodotto Trans-ecuadoriano, lungo circa 500 chilometri.
** La città di Esmeraldas, situata nella costa nord dell’Ecuador, nacque dopo il naufragio di una nave di schiavi africani diretti a Lima.
I naufraghi conquistarono così la libertà, e nel tempo, formarono ad Esmeraldas la più grande comunità nera di tutto il paese.
Ancora oggi, questa popolazione è fortemente discriminata per le sue origini, e i livelli di povertà sono molto alti.
Continua la lettura del mio viaggio in Amazzonia
Spero che questo articolo ti abbia in qualche modo aiutato.
Grazie per la tua lettura.
Cristina – Bagaglio a Bordo
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