I soldi spesi per i viaggi sono i migliori

Pensieri e consumismo dopo 100 giorni di viaggio in solitaria

Tempo di lettura: 3 minutes

Viaggiare è come respirare, questo è l’effetto del viaggio su di me: aria fresca che mi purifica e mi rigenera, donando energia positiva ad ogni millimetro della mia pelle.
Ammetto che è bello anche tornare a casa, perché qui nella valle in cui sono nata e dove ho vissuto la maggior parte dei miei anni, il profumo della terra e i paesaggi che la circondano, mi parlano delle mie origini e dei miei ricordi.

Qui ho gli affetti di sempre, e questo posto lo so, sarà sempre dentro di me, dentro al mio Bagaglio a Bordo, ovunque andrò.
Per tornare bisogna prima partire.

Devo ammettere che quando sono rientrata a casa, dopo tre mesi e mezzo di viaggio tra Brasile, Ecuador e Isole Galapagos, ho avvertito la sensazione di essere cambiata.

Forse esternamente questo sentimento non era visibile, ma dentro di me sentivo che qualcosa si era trasformato.
Fin da piccolina sono stata una persona molto riflessiva, che osservava il mondo circostante con curiosità e voglia di conoscere, ricercando il perché delle cose e delle situazioni; anche in quel momento, riflettevo su ciò che mi era intorno e soprattutto, sulle mie emozioni.

Accanto alla gioia di ritrovare i miei cari, i miei gatti, il cibo italiano, il mio letto e accorgermi di aver lasciato una parte di cuore e mente nel Paese oltre oceano appena salutato, ho iniziato ad avvertire “a pelle”, in maniera naturale e spontanea, una realtà fino a quel momento velatamente percepita.

La spiaggia di Imbassai mi è sembrata il Paradiso

Imbassai, Bahia, febbraio 2016 – Del mio viaggio in Sud America di tre mesi e mezzo, due mesi li ho trascorsi in Brasile, 11 giorni ad Imbassai.

Dopo aver trascorso i primi giorni di rientro dal Sud America a casa dei miei genitori, tra le coccole del gatto e quelle alimentari, e superato il fortissimo e non previsto jet lag, decido di tornare a casa mia e di riaprire quella porta chiusa quasi quattro mesi prima, il 30 gennaio 2016.

Nel silenzio della mia casa, osservando le cose che occupano e abbondano nelle nostre stanze, ho iniziato a sentire un sentimento di disagio, una sorta di vergogna per tutti gli abiti che dimorano dentro al mio armadio. Il mio era allora, un armadio “normale” per una donna che vive in quella parte di società maggioritaria, cieca e schiava del consumismo.

Ciò che era cambiato era il mio sguardo, e la sensazione che questo rifletteva dentro di me.

Iniziai così a pensare a quanto lavoro era stato buttato via per quei vestiti, a quanto tempo e risorse sprecati per produrli.

Ero stata via poco più di 100 giorni viaggiando in solitaria, e tutto ciò di cui avevo avuto bisogno in questo tempo, aveva trovato posto dentro ad uno zaino. Ero vissuta ugualmente ed ero stata benissimo, anche senza tutte le scarpe presenti in casa mia. Avevo viaggiato con solo gli scarponcini da trekking e un paio di infradito. Non avevo altro da mettere e questo non era un problema: i miei piedi erano coperti ed io ero felice; ero libera!

In navigazione tra le Isole Galapagos

Scopo della vita è conoscere noi stessi e ciò che ci circonda

Con pena e perplessità pensai poi, alle tante persone convinte che la propria bellezza sia data dall’abito che indossano, dall’auto che guidano, dai tanti ornamenti spesso costosi ed appariscenti, con i quali, sovente in maniera ridicola, si addobbano.

Di nuovo vedevo dietro a tutta questa ostentazione e a questa apparenza, ore e ore di lavoro e di tempo buttate vie, e montagne di risorse sprecate per comprare cose inutili.

Nonostante non facessi parte della cerchia di persone qui sopra illustrate neppure prima della mia partenza, ringraziai me stessa e la mia esperienza, per avermi aperto gli occhi e per essermi accorta in maniera forte e decisa, della presenza, subdola, di questa epidemia legalizzata chiamata consumismo.

Questo è il mio pensiero, la mia opinione e come tale va considerata.
Non giudico nessuno, o per meglio dire, non giudico la singola persona, ma mi soffermo a criticare il fenomeno di massa.

Il singolo soggetto, è infatti cieco e dipendente e vive questa condizione come uno dei frutti dello stesso consumismo: come il criceto dentro alla sua ruota, vive per lavorare, e lavora per comprare cose inutili.

Inoltre, questo meccanismo il più delle volte crea un’ulteriore situazione di stress che è la mancanza di tempo.

L’uomo moderno e cieco, è indaffarato a correre dentro alla propria ruota, e non ha tempo da dedicare ai propri sogni e alle persone per lui importanti; ma cosa forse peggiore e che alimenta questo tipo di vita volta all’inutile, è la mancanza di tempo che colpisce anche la capacità e il bisogno di pensare.

Quest’uomo, è abituato talmente bene a correre dentro alla sua ruota, che non si rende conto di non aver neppure il tempo di pensare a ciò che sta facendo e a dove stia andando.

Non sa più, o forse ha dimenticato, cosa è importante nella vita.

L'essenza della vita non è comprare cose inutili

Laguna del Quilotoa, Ande, aprile 2016 – Ho trascorso in Ecuador un mese e mezzo. Il tempo insieme alla salute sono i doni più grandi.

Nella sua vita, non c’è il tempo ed esiste la stanchezza, frutto del correre frenetico di tutti i giorni, perché per guadagnare bisogna essere rapidi, efficienti, perfetti.
Lo stress permea ogni attimo di questa esistenza: bisogna essere sempre i primi, altrimenti non sei nessuno.

Si è talmente assuefatto a questa quotidianità, che trovare la forza di guardare in faccia la realtà delle cose, rappresenta un gesto contro corrente e colmo di una iniziale grande sofferenza, pari al rivedere il sole dopo un lungo tempo passato nella cecità.

Quest’uomo non ha tempo, è stanco e non è in grado di sentire altro.
La pazienza è poca, perché se l’è mangiata tutta il lavoro..

Nei rari momenti in cui è in grado di ascoltare, preferisce rivolgere la sua attenzione verso tematiche frivole e di poco spessore, come gossip vari, ultime mode, grande fratello, vestiti, auto.. Si torna sempre lì. Vestiti, auto e similari, e il circolo si alimenta.

Mentre prima della mia partenza per il Sud America, avevo il sentore di ciò che ho descritto fin qui, una volta tornata a casa, ho capito quale fosse la mia dimensione di vita e ciò che per me è importante.

Sono quasi due anni che qui in Italia non acquisto più abiti o similari, e nella mia vita, non per imposizione ma per intima convinzione, ho adottato diversi metodi contro lo spreco.

Il mio primo grande viaggio mi ha perciò confermato che l’armadio più importante sono io, e il vestito più bello è la mia anima.

Spero che questo articolo ti abbia in qualche modo aiutato.
Grazie per la tua lettura.
Cristina – Bagaglio a Bordo

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