una candela rischiarirà una notte di Amazzonia

Le notti in Amazzonia e la sveglia delle scimmie urlatrici

Tempo di lettura: 2 minutes

Le giornate a Cuyabeno, seguivano un perfetto ritmo circadiano e diversamente non sarebbe stato possibile.
La luce elettrica, prodotta da alcuni pannelli solari, era presente all’interno del lodge solo poche ore durante la giornata, e alle ore 22, su tutta la struttura calava l’oscurità più assoluta. 

Le ore 22 in Amazzonia, rappresentavano per me la mezzanotte di Cenerentola.

Con un adeguato anticipo rispetto allo scoccare delle tenebre di una notte di Amazzonia, salutavo i miei interlocutori e mi dirigevo verso la mia tana.
Percorrevo con la piccola pila, compagna di viaggio fin dal Brasile e perciò ormai quasi scarica, la passerella circolare di legno che collegava le varie capanne sospese sopra al rio Cuyabeno.

Bisognava fare attenzione camminando, perché l’umidità e la pioggia frequente in quel periodo dell’anno, rendevano la passerella molto scivolosa soprattutto in quell’ora della notte, quando una specie di rugiada, impregnava il ponticello. In più di un’occasione, ho rischiato di farmi un bagno nelle acque sottostanti, quasi sempre abitate, durante l’oscurità, da Pablo il caimano.

Controlli e preparativi per una buonanotte nella giungla

Arrivavo alla mia capanna seguendo la luce di una candela posta sulla sua parete esterna, aprivo lentamente la porta del monolocale che mi era stato assegnato, ed in silenzio, trattenendo il fiato per l’emozione, eseguivo nell’ombra un rapido controllo di sicurezza circa la presenza di eventuali animali dentro al monolocale e soprattutto dentro al letto.

La flebile luce della candela, proiettava all’interno della stanza un leggero chiarore, che si perdeva solo un paio di passi più in là dalla sua collocazione.

Non potevo assolutamente accendere la luce elettrica, disponibile ancora per pochi minuti; le bestiole presenti in zona, avrebbero interpretato quel gesto come un invito a trascorrere la nottata insieme.

Seguiva nell’oscurità, una rapidissima tappa in bagno, durante la quale, mi auguravo di non dover tornare lì fino al sorgere del sole.

Prima delle ore 22 ero già dentro al letto coperto dalla zanzariera, giusto un attimo prima che la luce ecosostenibile dei pannelli solari, cessasse  il suo lavoro su tutta la struttura.

Era tutto buio, ma da sotto le lenzuala percepivo la presenza della mosquitera, la zanzariera a baldacchino che durante la notte doveva proteggere me ed il mio letto da visite indesiderate.

Più accanto, vi era il mio kit per la sopravvivenza notturna, costituito da:

  • cellulare, utile solo a vedere l’ora o al massimo da torcia
  • torcia con le pile ormai scariche
  • fazzolettini di carta
  • bottiglina di acqua
  • repellente per zanzare
  • siringa preriempita di adrenalina

Io e il mio “kit fai da me” trascorrevamo la notte insieme, vicini vicini, con la speranza di dover interagire solo il mattino successivo.

A volte, nella malaugurata sorte di dover andare in bagno di notte, mi facevo luce con la mia piccola torcia o con quella del cellulare, che in quest’ambiente non serviva di certo a telefonare ne tanto meno a collegarsi ad internet, ovvio.
Allora il cuore iniziava ad andare più rapido.

Dovevo utilizzare la luce il meno possibile, altrimenti tutti gli animaletti nei paraggi sarebbero venuti a me. Il che, visto quel che passava di giorno da quelle parti, non era proprio una situazione divertente.

Potete immaginare come in questi posti, anche una comune mosca abbia le sue dimensioni da Foresta Amazzonica.

Quando dovevo usare la torcia per andare in bagno, eseguivo dapprima, una rapida perlustrazione all’interno del letto per controllare non vi fossero ospiti che avrei lasciato sicuramente riposare, per poi darmela a gambe non so per dove.

L’ispezione del letto, è sempre stata perfetta, visto che non ho mai trovato animali accanto a me. Meno bene è andata ad un’altra viaggiatrice, che almeno una volta al giorno, urlava dall’interno della sua capanna per via di alcune blatte (anch’esse di dimensioni amazzoniche) che andavano a farle visita.

Pure io non vado pazza per le blatte o cucharacas, ma posso affermare che sul finire del mio viaggio di tre mesi e mezzo in Sud America, avevo iniziato a salutarle, tanto era ormai la confidenza.

Finita la perlustrazione del letto, scostavo con fare felpato e insieme rapido, la zanzariera.
Questo era un momento davvero cruciale: dovevo essere attenta e silenziosa per assicurarmi non vi fossero eventuali animali magari proprio sul pavimento vicino al mio giaciglio, ma allo stesso tempo, una volta oltrepassata la zanzariera, dovevo essere rapida nel richiuderla facendola aderire perfettamente ai bordi esterni del letto. Un secondo di troppo, e qualche creatura si sarebbe potuta infiltrare nella mia tana.

Infine era il momento di controllare non ci fosse qualche sorpresa sopra o dentro le scarpe.
No, non mi sembra proprio il caso di camminare scalzi in Amazzonia, ma devo ammettere di aver sempre riposato bene durante le mie notti amazzoniche.

In quei quattro giorni di Amazzonia, non ho fatto grandi incontri all’interno del monolocale. Devo ammettere però, che per me era sufficiente non vi fossero animali sul letto o dentro le scarpe.

Quindi i miei controlli si rivolgevano ad osservare l’essenziale. Del resto, ero io a casa loro, io ero l’ospite.

La sveglia delle scimmie urlatrici

Mi svegliavo poi prima delle luci dell’alba, quando le scimmie urlatrici con le loro voci, mi avvisavano che di lì a poco il sole si sarebbe alzato. Non le avevo mai sentite fino a quel momento, e la prima mattina che le ho udite parlare, dopo alcuni istanti di incredulità, avevo gli occhi e il cuore pieni di commozione.

Era ancora tutto buio, e da sotto la mosquitera rimanevo in silenzio ad ascoltare.

“Chissà quanto erano vicine?”
Con la meraviglia di una bambina che sta leggendo il suo libro più bello, restavo in ascolto di quel suono esotico e primordiale.

Ero lì con loro, e mentre respiravo l’odore umido della foresta che si risvegliava con me, già sapevo che quelle scimmiette come tutto Cuyabeno, mi sarebbero mancate tanto il giorno che sarei andata via da lì.

 

Continua la lettura del mio viaggio in Amazzonia

 

Spero che questo articolo ti abbia in qualche modo aiutato.
Grazie per la tua lettura.
Cristina – Bagaglio a Bordo

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