Come è fatto un lodge in Amazzonia
Dopo circa due ore e mezzo di navigazione (in parte a motore) sul Rio Cuyabeno, giungemmo al lodge Sumona, una struttura ricettiva ecosostebile, costituita da una serie di palafitte con sopra una decina di capanne in legno e paglia, disposte in cerchio e collegate tra di loro da una passerella, anch’essa fatta di legno.
La passerella si estendeva poi verso la parte centrale del fiume, dove l’acqua era tornata ad essere alta alcuni metri in quel periodo dell’anno, e divenendo un molo, fungeva da approdo e da porto, per le tre o quattro barche a motore e piroghe usate dalla comunità che gestiva la struttura.
Nel lodge, i forestieri vivono insieme alle persone che lavorano all’interno del complesso ricettivo, anche ma non solo, per ovvie questioni di sicurezza.
Essere catapultati in Amazzonia e li vivere da soli, senza l’aiuto dei nativi o di una qualunque altra persona, non credo sia un’impresa fattibile.
Poco dopo il mio arrivo, andai in esplorazione di quel lodge posto nel bel mezzo dell’Amazzonia.
La passerella era bagnata, e in alcuni punti, era ricoperta da un leggero muschio che la rendeva scivolosa.
In quel mese di aprile, come di consuetudine, le piogge erano riprese ad essere frequenti, condizione di buon auspicio per incontrare i delfini rosa!!
Al centro dell’accampamento vi era una capanna circolare aperta per circa la metà del suo perimetro, che proteggeva alcune amache colorate, simili a quelle che avevo visto ad Otavalo, (il paese del mercato dell’artigianato più grande di tutto il Sud America).
Di fianco a questa, vi era la cucina posta all’interno di un’altra capanna dalla forma quadrata, chiusa da pareti sui tre lati, con il tetto di paglia come tutti gli altri tetti, e circondata da una folta vegetazione di altezza diversa, che si insinuava all’interno della struttura in legno, eretta sopra i pali che emergevano dalle acque del Rio Cuyabeno.
Accanto alla cucina, vi era un altro rifugio destinato al consumo dei pasti, simile ad una veranda, completamente privo di pareti, e circondato per buona parte da un corrimano di legno, in cui erano incastrati ad asciugare numerosi e spessi impermeabili e alti stivali di gomma di diverse misure, protetti dal grande tetto di paglia sovrastante.
Tutte le capanne comunicavano tra di loro tramite l’unica passerella circolare che evitava con la sua presenza, il guado attraverso le acque su cui l’accampamento sorgeva.
Solo su di un lato, distante dalle altre capanne ed opposto a quello in cui si trovava la cucina, la terra era asciutta:
vi erano stati sistemati dei fili per appendere i panni ad asciugare, e un’enorme nugolo di strani insetti di colore nero e arancio, si alzò quando andai in perlustrazione di quella zona.
Fu l’unica volta che misi piede in quell’area!
Oltre a queste aree di vita comune, nell’accampamento-lodge, era prevista una zona dormitorio formata da circa quattro capanne.
Ogni capanna, accoglieva almeno due abitazioni in legno aventi le fattezze di piccoli monolocali, dotati di un letto con zanzariera e di un bagno nella stanza attigua.
Non vi era un soffitto vero e proprio, in quanto l’unico riparo sovrastante, era collocato diversi metri più in alto rispetto al termine delle pareti delle piccole abitazioni che ospitava.
Anche le due finestre presenti nel monolocale, una in bagno e l’altra vicino al letto, non avevano vetri o persiane ma solo delle tendine alla veneziana, che non garantivano assolutamente l’inaccessibilità interna della struttura.
L’abitazione era perciò aperta su più punti, e degli strani insettini volanti venivano spesso a farmi visita, soprattutto quando ero in bagno.
Dalle mie finestre potevo toccare la giungla, mentre la solita passerella rappresentava l’unica via da percorrere fuori dalla capanna.
Continua la lettura del mio viaggio in Amazzonia
Spero che questo articolo ti abbia in qualche modo aiutato.
Grazie per la tua lettura.
Cristina – Bagaglio a Bordo
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